Il processo di verniciatura degli strumenti musicali è una procedura nota sin dagli albori della liuteria, che nel tempo ha subito un mutamento graduale dal ruolo di mero processo decorativo e di abbellimento dello strumento a sistema estetico, conservativo e di miglioria sonora.

In tal senso il processo di verniciatura è stato nel corso dei secoli progressivamente documentato con dovizia di particolari, passando dalla tradizione orale dei secoli XV e XVI fino alla trattatistica sviluppatasi nel corso dei secoli XVII e sopratutto XVIII, durante i quali molte pagine furono scritte per tramandare la metodologia di preparazione delle vernici, fino ad arrivare ai giorni nostri in cui la chimica e la fisica permettono di conferire a tali informazioni anche l’importante peso della riproducibilità’ e del controllo fine sulle eventuali modifiche da apportare sulla base di richieste ed esigenze specifiche. 

Nonostante la verniciatura possa oggi avvalersi, dunque, di un’ampia raccolta di dati ed informazioni sia filologiche che scientifiche, molti problemi restano aperti. In primis, una delle questioni irrisolte è quello della preparazione del fondo  per via della sua influenza sulla resa sonora dello strumento così come sulla sua stabilità meccanica e resistenza agli agenti esterni di danneggiamento quali, ad esempio, funghi, muffe, tarli e umidità.

In tal senso, la procedura che qui presentiamo (e che va intesa come work in progress) ha lo scopo di aggirare il problema trattando il legno con acidi minerali (secondo una prassi propria della ebanisteria) al fine di ottenere al tempo stesso un fondo particolarmente stabile ed efficiente, un effetto estetico di particolare brillantezza ed un parziale invecchiamento artificiale del legno che dovrebbe avere l’effetto di migliorare la resa sonora dello strumento stesso in tempi più rapidi rispetto a quelli dell’invecchiamento e dell’assestamento naturali.

Chimica del processo di acidatura minerale del legno

Il trattamento del legno con acido nitrico (HNO3) è noto sin dal secolo XIX con la diffusione di un metodo a basso costo per la sua produzione su media-larga scala  a partire da acido solforico e nitrato di sodio (“nitrato del Cile”) e da allora fu ampiamente usato in ebanisteria a fini estetici. È noto sin dai primi del Novecento che il processo di acidatura “mista” del legno per mezzo dell’acido nitrico miscelato con acido acetico (CH3COOH) costituisce la forma a massima resa di tale sistema di reazioni (Pictet e Genequand, 1902) imputabile alla formazione dei cosiddetti addotti diacetilnitrici.

I progressi nel campo della biologia vegetale e della chimica del legno e dei carboidrati ha permesso di comprendere cosa comporta a livello molecolare il processo di acidatura “mista” del legno, sebbene non esista ad oggi un corpus di studi sistematici sull’argomento. Essa porta alla contemporanea acetilazione (per mezzo dell’acido acetico) e nitrazione (per mezzo dell’acido nitrico) della cellulosa cambiandone parzialmente la struttura interna (con formazione parziale di nitrocellulosa): è ipotizzabile in tal senso che la cellulosa si organizzi in fibre piu’ distanziate e regolari come avviene nel legno a seguito di un processo di invecchiamento (Inagaki, Siesler,  Mitsui e Tsuchikawa, 2010). Al tempo stesso, l’acido nitrico è responsabile della ossidazione dei gruppi funzionali idrossifenolici dei componenti della lignina (Shorygina, 1966) conferendo al legno una colorazione rosso-ambra (tale processo avviene in forma parziale anche nella cellulosa, sebbene non alteri la colorazione del legno). Inoltre, per via del potere disidratante degli acidi minerali e della natura esotermica del processo, il legno è parzialmente e superficialmente disidratato durante lo svolgimento della procedura.

Trattamento degli strumenti

Prima di procedere al trattamento degli strumenti sono state effettuate prove su tavole di abete con differenti composizioni percentuali di acido acetico e nitrico, per verificare tempi necessari all’acidatura, resa cromatica e tempi e modi necessari alla estinzione della reazione per mezzo della neutralizzazione degli acidi tramite trattamento con idrossido di sodio (soda) in soluzione. La realizzazione dei primi due strumenti (basso di viola da gamba “Jakob Steiner”, basso di viola da gamba “Gasparo da Salò”) con tale procedura (con percentuali di acido nitrico e acetico rispettivamente pari a 68% e 6% e applicazione della miscela acidificante per 15 minuti) ha costituito il banco di prova necessario per comprendere i limiti di questa procedura, conclusasi con la fessurazione della tavola armonica di entrambi gli strumenti in un tempo ridotto (qualche mese), probabilmente per via della bassa resistenza alla variazione di umidità atmosferica e alla eccessiva tensione meccanica del legno. In tal senso, i principi costruttivi differenti tra i due strumenti si sono dimostrati rivelatori della necessità di revisione dell’intera procedura chimica.

Al fine di ovviare ai sopracitati inconvenienti, sono stati introdotte due variazioni alla metodologia: a. la concentrazione di acidi è stata dimezzata (con percentuali di acido nitrico e acetico rispettivamente pari a 34% e 3%); b. alla soluzione è stata aggiunta una modesta quantità’ di silicato di sodio (wasserglas) in grado, per mezzo di un processo di polimerizzazione catalizzato dagli acidi, di formare una struttura molecolare di supporto sulla superficie del legno (Buckley e Greenblatt, 1994). L’accorgimento a. è volto a diminuire la aggressività del processo, mentre con la misura descritta in b. si cerca di ottenere al tempo stesso una maggiore resistenza meccanica del legno in risposta alla acidatura e una maggiore uniformità del processo rispetto alle naturali difformità’ microscopiche del legno per via della chiusura dei pori. Un vantaggio secondario ma non indifferente del silicato di sodio è la sua azione antifungina. Si è reso inoltre necessario applicare la acidatura per un tempo leggermente superiore (il suo valore limite è legato alla capacità penetrante nella fibra di legno; Subramanian, Balaba e Somasekharan, 2006) e l’utilizzo di acqua distillata per la diluizione degli acidi per evitare la presenza di ioni in soluzione in grado di complessarsi e creare variazioni cromatiche non desiderate. Una successiva elaborazione della procedura (e dunque la messa a punto di quella che oggi possiamo considerare la procedura stabile di acidatura in nostra mano) ha incluso la stesura di colla animale prima della acidatura stessa e dopo avere eseguito la filettatura dello strumento, avendo cura di non stenderla dove il legno è trattato “di testa” (ovvero sui fori di risonanza, sulle palette, ecc.). infine, è bene sottolineare che la procedura è sempre avvenuta a strumento chiuso per evitare problemi di incollatura e la successiva verniciatura è stata effettuata con vernice ad olio in quantità minime. 

Risultati visivi e sonori

Dal punto di vista visivo, gli strumenti trattati con questa procedura presentano un riconoscibile e brillante color ambra. Al tempo stesso, l’acidatura del legno pone otticamente in evidenza le venature e le marezzature del legno, creando in alcuni tipi di legname (in particolar modo nel castagno e nel pioppo) un effetto quasi di profondità tridimensionale alla vista (si vedano le figure allegate).

Dal punto di vista sonoro è nostra opinione che gli strumenti così trattati abbiano uno spettro di armonici già proprio degli strumenti maturi, confermando indirettamente l’idea che l’acidatura cambi la struttura del legno portandola ad essere più simile a quella del legno naturalmente invecchiato. In tal senso, è nostra intenzione in futuro eseguire una analisi spettrografica delle frequenze di emissione di uno strumento “in bianco” e dello stesso strumento ad intervalli di tempo successivi alla acidatura in modo da potere quantificare e documentare questo effetto.

Gli autori

Gianmaria Assandri, liutaio, ha appreso la pratica della liuteria dal compianto M° Federico Lowenberger, col quale ha condiviso il laboratorio sin dai primi anni Ottanta, per oltre 25 anni, e collaborato sino alla sua prematura dipartita. Costruisce e restaura prevalentemente strumenti antichi e barocchi, violoncelli e contrabbassi nel suo laboratorio in centro storico a Genova, in Salita Pallavicini 17r.

Luca Mollica, gambista per diletto, è un chimico di formazione e professione e lavora presso il prestigioso Istituto Italiano di Tecnologia. Si occupa di chimica fisica dei polimeri di interesse biologico e dell’interazione tra farmaci e proteine da 15 anni, dopo essersi formato nell’ambito della chimica dello stato solido e della scienza dei materiali.